Quando ci si trova in una relazione con un partner narcisista e manipolatore, e ci sono di mezzo delle responsabilità genitoriali verso figli minori, non è sempre possibile separarsi completamente. In queste situazioni, è essenziale imparare a convivere con la condizione, comprendendo in modo profondo le caratteristiche e i meccanismi che guidano i comportamenti manipolatori, così come i tratti personologici dell’altra parte. Il primo passo è osservare, analizzare e conoscere il contesto in cui hanno luogo i comportamenti potenzialmente pericolosi e imparare a disinnescarli. Il manipolatore si nutre dell’energia emotiva del partner, positiva e/o negativa che sia, per alimentare il suo narcisismo; pertanto, è fondamentale essere consapevoli dei meccanismi in gioco. Gli esperti suggeriscono di attuare, di fronte a simili dinamiche, rottura e allontanamento netti. Ma cosa fare quando questo non è possibile a causa delle responsabilità genitoriali condivise? Quando non è possibile tirarsi indietro, diventa fondamentale farsi agganciare il meno possibile e imparare a gestire in modo impeccabile la comunicazione.
Un primo, fondamentale suggerimento pratico è portare la comunicazione da un piano verbale, e magari più spontaneo, a uno piano scritto e più strutturato. La comunicazione verbale, spesso carica di energia, offre al manipolatore una fonte continua di nutrimento per il suo fragile e sproporzionato ego. Passando alla comunicazione scritta, i messaggi divengono più chiari e controllati, incisivi e sempre meno carichi di emotività, riducendo così le possibilità di manipolazione. Imparare a usare le parole giuste nei momenti adeguati diventa cruciale, poiché il narcisista non è interessato a ragionamenti condivisi o a trovare soluzioni comuni. Non si può contare su una comprensione reciproca, ma solo su una comunicazione che faccia fronte alle necessità immediate dei figli.
Un secondo suggerimento pratico è quello di rinunciare, temporaneamente e parzialmente, a conoscere dettagli della vita quotidiana del figlio, pur di recuperare la propria libertà emotiva e mentale. Tali dettagli (a titolo di esempio: stati di salute non gravi, come semplici raffreddori, ritardi rispetto agli orari d’inizio delle attività sportive, la sgridata non importante ricevuta dall’insegnante, ecc.) sono costanti e continue occasioni di aggancio che il “dipendente affettivo” deve evitare fino a che non diventa capace di controllarle perfettamente, senza farsi sopraffare dal timore di essere un genitore meno adeguato e senza farsi schiacciare dai sensi di colpa. In questi casi, è fondamentale mantenere una posizione ferma. Un malinteso comune è credere che la prima vittima di una separazione sia il bambino: il bene del bambino sopra ogni cosa. Corretto, ma il bene del genitore che ruolo occupa? In realtà, molto spesso, il narcisista percepisce solo il malessere del genitore, ma non si preoccupa del reale benessere del bambino, a meno che non sia funzionale al proprio interesse. Il suo obiettivo è mantenere l’altro genitore in uno stato di sofferenza, dipendenza e sottomissione.
Per i professionisti del diritto, è importante riconoscere che la dimensione pedagogica, e anche psicologica, di queste situazioni è cruciale quanto quella legale e che, quando il genitore è in uno stato di malessere emotivo, l’intervento di un esperto pedagogista diventa essenziale. La separazione non è solo una questione legale, ma anche e soprattutto pedagogica. Il benessere del minore non può essere separato da quello del genitore e la sua cura dipende direttamente dall’equilibrio emotivo di chi lo cresce.